sabato 28 gennaio 2012

Svastika


Interrompiamo la rassegna delle divinità del pantheon germanico\norreno per combattere, come sempre l'ignoranza e la mistificazione.
In questo post "speciale" parliamo della svastika che viene sempre attribuita esclusivamente ai movimenti di estrema destra tedesca, come se ne fossero stati gli esclusivi creatori.




La svastika è un simbolo effigiato per mezzo del disegno di una croce greca con i bracci piegati ad angoli retti,  o . Il termine italiano "svastica" originata direttamente dal sostantivo maschile sanscrito svastika (स्वास्तिक) in quella lingua, che indica il simbolo religioso e propizio per le culture religiose originaria dell'India quali il Gianismo, il Buddhismo e l'Induismo.

Come simbolo, generalmente sempre con significati augurali o di fortuna, fu utilizzato da molte altre culture fin dal Neolitico (anche in Europa).

In Europa oltre ad essere un simbolo simile a quello della ruota solare, quindi rappresentativo del sole, era anche qui, un simbolo propriziatore e augurale per la buona fortuna, tanto che i guerrieri lo portavano sugli scudi.

Etimologia
La parola italiana "svastica" deriva dalla resta del termine maschile sanscrito, svastika, attestata nella nostra lingua a partire dal 1897.

In sancrito tale termine possiede numerosi significati indicando, tra gli altri, un "bardo che da il benvenuto", "un incrocio di quattro strade", "l'incrociare le mani o le braccia sul petto", "un bendaggio a forma di croce", il "gallo", "un oggetto prezioso a forma di corona trinagolare" ma, sopratutto, nel significato di "oggetto propizio" o il disegno\simbolo di una croce greca con i bracci piegati ad angoli retti che, a secondo della maggioranza degli orientalisti, rappresenterebbe il disco solare.



Il termine sanscrito svastika deriva da svastí (sostantivo neutro; benessere, successo, prosperità) a sua volta composto dal prefisso su. (buono, bene; linguisticamente affine al greco eu- con lo stesso significato) e da astí (coniugazione della radice verbale, as: "essere"). Il suffiso -ka forma un diminutivo, per cui svastika è traducibile letteralmente come "piccola cosa in relazione con lo star bene" che si può corrispondere a un termine come "portafortuna".

Il termine "svastica" viene indicato in italiano come sostantivo di genere femminile, è possibile ipotizzare che il suo utilizzo al femminile, in Occidente, deviri dall'erata traduzione in "felicità"

Reperti archeologici in Italia
- Un fregio svasticoide appare su di una terracotta previllanoviana conservata al museo etrusco di Villa Giulia a Roma.
- Diversi vasi con raffigurazioni di svastike databili dal 10000 a.C. sia villanoviane che sannitiche e lucane sono visibili nel Museo archeologico provinciale della Lucania occidentale di Padula.
- Alcune svastike sono presenti nei mosaici delle ville del sito archeologico di Ercolano (Napoli) e distrutte dall'eruzione vulcanica del 79. Anche a Pompei compare spesso come motivo ornamentale, ve ne sono diverse nella decorazione della volte dell'apodyterium (spoogliatoio) delle Terme Stabiane.
- Diverse svastike sono presenti nel "Mosaico a cassettoni" della Domus dei Coiedii di Suasa.
- La rosa camuna di Carpene (Sellero) presenta una forma di svastika.
- Sulla pavimentazione di Ostia antica nei pressi delle rovine del teatro è presente una svastica raffigurante il sole.
- Molte svastike sono presenti come elementi decorativi e simboli di buon augurio nei mosaici e nei dipinti murali della Villa del Casale di Piazza Armerina in Sicilia.
- Il simbolo è presente sullo scudo di alcuni guerrieri sanniti, in dipinti risalenti al IV secolo a.C.
- La svastika compare come simbolo decorativo sulle vesti di alcune figure maschili presenti nei mosaici del quartiero ellenistico-romano situato nella Valle dei Templi ad Agrigento.
- La svastika compare come simbolo decorativo sulle vesti femminili nella valle dei templi di Paestum (Salerno).
- Compare come motivo decorativo vascolare su antichi vasi greci.



Ovviamente abbiamo attenzionato soltanto i rinvenimenti nel territorio italiano, ma segnaliamo anche la presenza della svastika:
Cultura celtica:
           - lo scudo rinvenuto nel fiume Thames  decorato con 27 svastike
           - a Ongham  fu ritrovato una pietra decorate con svastike

Cultura germanica (norseman, 'rus):
           - la fibbia di Værløse dalla Danimarca risalte al III secolo
           - la punta di lancia di Brest, in Russia
           - la pietra di Ramsø, Danimarca, risalente al IX secolo

Cultura germanica (anglosassoni):
           - la spada rinvenuta a Bifrons, nel Kent ha delle svastika sull'elsa, risalente  al VI secolo

Secondo la studiosa Hilda Ellis Davidson la svastika potrebbe avere una connessione con Þórr e rappresentare il martello Mjöllnir, e quindi rappresentare il tuono, o possibilmente essere connessa alla ruota solare dell'età del bronzo.

Per gli abitanti dell'Illiria la svastika rappresentava il sole ed era rappresentanto in senso orario.

Nella cultura baltica la svastika è un simbolo comunque usato nell'arte baltica. Il Lituania il simbolo è conosciuto col nome di Ugunrskrusts, che si traduce come "croce del fuoco" (in senso antiorario) mentre è conosciuta come Perkonkrusts "croce del tuono" (in senso orario) ed è associata al dio Perkons il dio del tuono e della giustizia.
Occasionalmente il simbolo è associato al sole come anche a Dievs (dio della creazione), Laima (dea del destino e del fato).


Nelle tradizioni slave, la svastika è trovata sottoforma di ornamento anche sotto forma del "kolovrat" un tipo di svastika ad otto bracci.


Un oggetto molto simile ad un martello o ad un'ascia bipenne compare nella cultura sami come un simbolo magico utilizzato dagli sciamani con i tamburi. Il nome del dio Sami del tuono è Horogalles, traducibile come "vecchio Þórr". Alle volte questa figura viene rappresentata con qualcosa in mano simile ad un martello con le fattezze di una croce con le braccia curve o una svastika.


Sempre appartenente al mondo finnico dobbiamo citare il Tursaansydän chiamato anche Mursunsydän che ha sempre un significato legato al buon augurio e alla fortuna.



Lo svastika nella cultura e nelle religioni orientali
In ambito buddhista il simbolo della svastika indica il Dharmacakra, la "ruota della dottrina".
Nel Buddhismo cinese il carattere  o  o anche 萬  (wàn, giapp, man) rende il termine sanscrito svastika (reso anche come 塞縛悉底迦 saifúxidijia) con il significato di "10.000" ovvero di "miriadi" o "infinito" o "tutte le cose" che si manifesta nella conoscienza di un buddha ( , Fó), per tale ragione esso è spesso posto nelle statue rappresentanti un buddha sul suo petto all'altezza del cuore.
Nel Buddhismo zen il carattere  o  rappresenta il 佛心印 (busshin-in) ovvero il "sigillo della mente-cuore del Buddha" trasmesso dal patriarca nel lignaggio di questa scuola.

In ambito gianista il simbolo dello svastika è uno dei ventiquattro segni propizi ed è simbolo del settimo Arhat e della presente avasarpini.

In ambito induista è il simbolo destrorso () è associato con il Sole e con la ruota del mondo che gira intorno ad un centro immobile, e quindi l'emblema di Visnu (e perciò anche di Krsna). La Brhata samhita (IV secolo d.C:, al LV, 5) sostiene che lo svastika debbe essere apposto all'ingresso dei templi.



Ruota solare

Interrompiamo la rassegna delle divinità del pantheon germanico\norreno per combattere, come sempre l'ignoranza e la mistificazione.
In questo post "speciale" parliamo di quella che viene chiamata "croce celtica" o semplicemente "celtica" e viene sempre attribuita esclusivamente ai movimenti di estrema destra italiana, come se ne fossero stati gli esclusivi creatori.
Bene in primis ci soffermiamo sul fatto che la croce celtica è tutt'altra cosa (vedi immagine) e il simbolo che è stato adottato dall'estrema destra non è stata altro che una rielaborazione e la stilizzazione di tale simbolo mentre quella di cui andiamo a parlare ha diversi nomi, "croce solare", "ruota solare", "carro solare", "disco solare" e infine "scudo di Wotan", esso è un simbolo presente in molte culture a partire dall'Età del bronzo.
Il simbolo è presente ed è stato utilizzato nelle prime scritture di Egizi, Ittiti, Cretesi, Etruschi e Romani.




Significato simbolico
Nell'antichità (e per chi ha abbastanza maturità ancora oggi) rappresenta il Sole ed il simbolo del suo potere, nella maggior parte delle culture europee.
Nell'antica Cina il simbolo era associato al tuono, alla potenza, all'energia e al rispetto.
Nell'alchimia (se vogliamo citarla) il simbolo rappresenta le leghe a base di rame.
Nell'astrologia rappresente la Terra, inteso come pianeta.
Nella simbologia wicca rappresenta gli elementi. Il cerchio rappresenta il fuoco, l'incrocio rappresenta l'aria, la linea verticale l'acqua e tutto il simbolo la Terra.


Alle volte sempre dal neopaganesimo sopra citato può assumere il significato di "ruota dell'anno" diventando rappresentazione del ciclo naturale delle stagioni.



venerdì 27 gennaio 2012

Sága


Nella mitologia germanica\norrena, Sága o Saga è una delle Ásynjur (asinne) che dimora a Søkkvabekkr. Secondo lacuni studiosi, si tratterebbe di un altro nome per la dea Frigg. Il nome significherebbe "colei che vede" o meno probabilmente "annunciatrice". Viene menzionata nel Grímnismál:
"Søkkvabekr heitir enn fjórði,                                     "Søkkvabekkr si chiama la quarta,
en þar svalar knego                                                     la dove possono gelide
unnir yfir glymja;                                                         acque intorno mormorare.
þar þau Óðinn ok Sága                                                La Óðinn e Sága
glöð or gullnom kerom."                                              bevono tutti i giorni, lieti, in coppe d'oro"
- Grímnismál, il discorso di Grímnir [Edda poetica] 8


Anche Snorri Sturluson, nella sua Edda in prosa menziona questa dea quando le enumera tutte.

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

mercoledì 25 gennaio 2012

Nanna


Nanna è una divinità della mitologia norrena\germanica e appartiene alla schiera degli Æsir. Ella è figlia di Nepr, sposa di Baldr con il quale ha generato Forseti.
Sappiamo ben poco di Nanna, le poche informazioni che abbiamo provengono dal Gylfaginning il quale ci dice che è morta di dolore  in seguito all'uccisione di Baldr e quindi ne condivisi la pila funebre.

Baldr e Nanna furono nuovamente unito ad Helheimr. Quando Hermóðr cavalcò verso Helheimr per contrattare con Hel il ritorno di Baldr nel mondo dei vivi, Nanna diete a Hermóðr alcuni doni da portare con se e consegnare, una veste di lino per Frigg e un anello per Fulla.



Nel Gesta Danorum vi è una versione diversa, nella quale Nanna è una donna comune, figlia del re Gevar, che è innamorata sia del semidio Baldr sia dell'umano Höðr. Essendo entrambi attratti da Nanna si sfidano ripetutamente a duello, dove alla fine prevale Höðr (che sembra il favorito da Nanna) e si sposano.

Nel pettine di Setre, un pettine proveniente nel periodo a cavallo del VI e VII secolo, con iscrizioni runiche che si riferiscono alla dea. Gli studiosi pensano che ci siano connessioni tra Nanna e altre dee simili delle stesso periodo.
Anche l'etimologia del nome è dibattuta, alcuni pensano che significhi "madre", lo studioso Jan de Vries connette il nome Nanna alla radice *nanþ- come audace mentre John Lindow teorizza semplicemente il significa nella parola "donna".
Infine John McKinnel afferma che sia madre che la radice *nanþ- non possono essere distinte e che Nanna può significare "colei che consente".


Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

martedì 24 gennaio 2012

Loki


Dio dalla grande astuzia, fu ora un ingegnoso inventore di tecniche, ora un diabolico ingannatore. Capace di innocui scherzi e di efferati delitti, macchinò la morte di Baldr, ragione per cui venne imprigionato in una profonda caverna e orribilmente torturato.
Destinato a liberarsi, ritornerà il giorno del Ragnarøkrr per combattere contro gli dei. Tra i suoi figli sono annoverati il lupo Fenrir, il serpente Jörmungandr e la dea Hel.

Loki è una figura ambivalente nel pantheon norreno\germanico, in taluni miti è compagno di Óðinn e Þórr e spesso è anche il risolutore di situazioni difficili, in altri invece è colui che attenta all'ordine cosmico, ingannatore, temibile e camaleontico.


Vicende mitiche
Loki nella mitologia rappresenta il male necessario a mantenere l'equilibrio cosmico, di volta in volta nemico ed alleato degli dei, egli incarna il male contenuto nella stessa creazione primordiale, un male che per assurdo devo spesso combattere per il bene, per preservarlo fino allo scontro finale stabilito dai fati.
Loki viene considerato un dio ambiguo per vari motivi, anzitutto l'etimo del suo nome viene legato al fuoco ed in particolare alla fiamma (altri studiosi invece legano il suo nome all'aria) ed il fuoco è elemento che sa da un lato risultare molto utile, può altrettanto spesso diventare pericoloso e distruttivo. Inoltre, anche se egli appartiene alla schiera degli Æsir, vive con loro e partecipa alle loro vicende, al contempo è imparentato con i giganti, i simboli del caos primordiale. Per quanto riguarda i suoi rapporti con gli dei, Loki ha stretto un patto di fratellanza di sangue con Óðinn, infatti in molte occasioni ha aiutato il sovrano degli Æsir, oppure il figlio Þórr ad affrontare imprese, a superare pericoli ed a ristabilire l'ordine.
Inoltre la sua benevolenza viene sottolineata dal fatto che Loki compare nella triade divina che creò gli uomini da due tronchi d'albero ed in particolare egli donò agli uomini neonati il caloro e il bell'aspetto, infatti è possibilmente collegato ai personaggi di Lóðurr e Vé entrambi protagnosti alternati delle triadi creatrici.

Ma Loki è anche associato ai giganti, simboli di potere incontrollabile e forza primordiale, con i quali ha una stretta parentela: è infatti figlio del gigante Fárbauti, anche se la madre risulta essere la dea Laufey (isola di foglie) detta anche Nál (aghi di pino).
Infatti secondo una mito evermeristico sulla nascita del fuoco, e quindi di Loki inquanto incarna il fuoco, dall'unione del fulmine, incarnato da Fárbauti, che colpisce le foglie incarnate da Laufey o gli aghi di pino, incarnati da Nál.
Inoltre Loki, accoppiandosi con la gigantessa Angrboða, ha generato vari essere mostruosi e temibili come il lupo Fenrir, simbolo della voracità del fuoco distruttore, destinato a divorare Óðinn durante il Ragnarøkrr, il serpente di Miðgarðr detto anche Jörmungandr (letteralmente, essere infinitamente potente) che è il grande serpente che si morde la coda e che avvolge Miðgarðr che nel Ragnarøkkr ucciderà Þórr con il suo veleno, e infine, Hel, dea della morte. Invece dall'Ásynja Sigyn, Loki ha generato divinità più benevole come Nari e Váli, e Sygin gli sarà sempre molto devota e lo curerà al momento della sua caduta. In più Loki, molte altre volte ha combinato seri guai agli dei come quando provocò il rapimento di Iðunn, rubò il gioiello di Freyja, rubò i capelli alla bella Sif e tormentò, sotto forma di moscone, i nani che stavano forgiando Mjöllnir. La malefatta peggiore fu però quando egli provocò la morte di Baldr e ne impedì la resurrezione, perciò gli dei lo punirono legandolo a delle rocce, con un serpente che faceva colare il suo veleno acido sul suo viso.


Loki è ambiguo inoltre proprio per il modo di atteggiarsi, spesso si traveste e fa il buffone, inoltre viene accusato dagli altri Æsir di comportarsi e di giacere come una donna, infatti è a conoscenza della magia del Seiðr, che comporta per i maschi inverecondia e comportamento effeminato che adopera per compiere metamorfosi in mosca, pulce, falco, salmone e foca. Insomma Loki è una divinità omosessuale, o meglio, bisessuale, per esempio si trasforma in giumenti e si fa montare da Svaðilføri, generando il divino cavallo ad otto zampe Sleipnir, il cavallo di Óðinn con le rune incise sui denti, e come fa una donna Loki partorì le streghe dopo aver trovato tra i carboni il cuore mezzo cotto di una gigantessa (altre versione dicono un cuore di donna) che egli mangiò e ne rimase ingravidato.

Alla fine dei tempi Loki riuscirà a liberarsi dal suo supplizio e duellerà fino alla morte con Heimdallr, finendo per uccidersi a vicenda, durante il Ragnarøkkr.

Significati etimologici
Loki sembrerebbe l'incarnazione del "male", ma di un male necessario e reso meno spiacevole grazia alla buffoneria che lo pervade, ai suoi continui geniali e divertenti inganni e alla sua utilità in determinate occasioni. Come detto il suo nome deriverebbe forse dall'antologia con l'antico nordico logi, che molto probabilmente significa fiamma. Questa fiamma illumina i legami di Loki con i giganti del fuoco, i Múnspellsmegir, che egli accompagnerà poi nel Ragnarøkkr, la fine e la rigenerazione del mondo. Altri considerano invece il suo nome come una storpiatura di loptr, aria. Loki ha in comune con l'elemento aria la sua intelligenza intuitiva, la capacità verbale, l'abilità nel procurarsi ogni sorta di metamorfosi e di mezzi magici ad esempio le sue scarpe che gli permettono di camminare sia sull'acqua che sull'aria.

Il suo nome è stato paragonato anche al ragno, che viene definito proprio locke in molti dialetti nordici. Condivide con il ragno la funzione cretrice, ma anche malefica, che si rivela nel mito d i Loki che costruisce una rete da pesca, simile a una ragnatela. Viene definito dal poeta Snorri Sturluson "fabbro dei mali", perché applica i suoi poteri solo in modo dannoso e distorto. E' insomma una sorta di mago che "perverte" le energie del cosmo conservate da Æsir e Vanir.

Nei poemi
Loki è la figura centrale del poema chiamato Lokasenna, che fa parte dell'Edda poetica. In questa opera gli dei tengono una festa a casa di Barkley (malto). Loki, dapprima invitato alla festa viene scacciato per i suoi modi fastidiosi. Rientrato in un secondo momento nelle sale del banchetto, si scontra in un serrato scambio di insulti con gli dei presenti, ai quali vengono rinfacciati i propri vizi, ai quali vengono intrecciati i vizi di Loki stesso. Ultimo scontro è tra Loki e Þórr, il quale prevale per la forza bruta, mettendolo in fuga.


Raggiunto dagli Æsir, Loki viene giudicato per la morte di Baldr e condotto in una grotta nel Niflheimr, qui trasformato suo figlio Váli in lupolo spingono a divorare il fratello Nari e con le budella di quest'ultimo Loki viene legato a tre pietre appuntinte. Un serpente sospeso al di sopra della sua testa cola veleno acido e corrosivo sul suo viso, e che lo brucerebbe se Sigyn non raccogliesse le gocce in una bacile per poi andare a svuotarlo. Ma quando ella va a svuotarlo, il liquido infuocato gli cola addosso facendo urlare Loki per il dolore, e i suoi sussulti violenti in preda al bruciore procudono i terremoti.

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

Lofn

Lofn è una dea della mitologia norrena\germanica. Appartenente alla stirpe degli Æsir, di lei non si sa praticamente nulla. Snorri la descrive come dolce e buona, tanto che Óðinn e Frigg le hanno concesso di potere unire in matrimonio coloro a cui ciò fosse stato negato o addirittura vietato, quindi possiamo dire che fosse la dea dell'amore informale.



Per questo motivo Lofn è particolarmente amata dagli uomini, il suo nome significa "dolce" e "consolatrice".

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

lunedì 23 gennaio 2012

Jörð

Jörð (terra) nella mitologia norrena\germanica è la dea primordiale della terra e viene annoverata tra gli Æsir. Viene ricordata nella cosmogonia scandinava come figlia di Nótt (la personificazione della notte) e di Annarr. 


Annar può essere identificata con lo stesso Óðinn in quanto Jörð stessa afferma di essere "moglie e figlia" di Annar.
Generò con Óðinn, Þórr. Ella è la personificazione della terra allo stato primordiale.

Jörð ha numerose corrispondenze con la "dea madre\madre terra" che è riscontrabile nelle altre religioni, quindi è probabile che agli albori il culto potesse comprendere Jörð come "dea madre terrena" e Óðinn\Annar come "dio padre celeste".

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it
Illustrazione di Andrekosslick

Iðunn


Iðunn nella mitologia germanica\norrena è una Ásynja (asinna). Appartenente alla stirpe degli Æsir, sposa del dio della poesia Bragi, a Iðunn è attributo il possesso dei frutti miracolosi dei quali gli dei si nutrono per mantenersi immortali e giovani.

Iðunn appare verosimilmente come una dea della fecondità, simile in ciò a Geðr (anche se quest'ultima appartiene alla stirpe dei Vanir). Nella Lokasenna, il dio Loki la accusa di essere dedita alla lussuria tanto da aver giaciuto persino con l'assassino del proprio fratello.

Di Iðunn è ricordato il mito del suo rapimento da parte del gigante Þjalzi. La vicenda ha inizio con un viaggio di Óðinn, Hoenir e Loki, durante il quale l'arrosto che le tre divinità desideravano cucinare viene impedito dai poteri magici di un'aquila, sotto il cui aspetto si cela il gigante trasformato. Loki tenta di colpire l'aquila con il bastone, ma questo rimase incastrato nel corpo del rapace, che spicca il volo trascinandosi dietro il dio. Loki, per salvarsi, stringe un patto con Þjalzi, promettendo di consegnarli Iðunn e le sue mele. In seguito Loki riesce a convincere Iðunn a uscire da Ásgarðr e a recarsi in un bosco, dove Þjalzi, sempre in forma d'aquila, la rapisce, portandola nella sua dimora montana di Þrymheimr. 


Privi delle mele di Iðunn gli dei cominciano ad invecchiare e, saputo l'intrigo di Loki, lo mandano a chiamare costringendolo a rimediare. Loki ottiene quindi dalla dea Freyja un travestimento da falco, tramite il quale può raggiungere la dimora del gigante,  dove trova Iðunn, sola, mentre il padrone di casa si trova momentaneamente sul mare. Loki trasforma Iðunn in una noce, portandola via con sé, ma Þjalzi, che si è ben presto accorto dell'incursione, si muta in aquila e vola al suo inseguimento. Gli dei, allora, una volta che Loki ha fatto ritorno ad Ásgarðr con Iðunn, creano una barriera di fuoco tra le cui fiamme Þjalzi perisce. In seguito Óðinn dovrà affrontare la figlia di Þjalzi, Skaði, decisa a vendicare il padre ma ad ella verrà offerto, in riparazione, il matrimonio con uno degli dei.


Alcuni studiosi hanno affermato che la presenza delle mele nel mito di Iðunn ha provenienza straniera. Difatti, nei testi più antichi che lo riportano, le mele non sono nominate, e Iðunn si dice solo genericamente che possiede il rimedio per impedire agli dei di invecchire. Inoltre, le coltivazioni di mele non furono note in Scandinavia almeno sino al tardo Medioevo. C'è tuttavia chi fa notare che il termine con cui vengono chiamate le mele di Iðunn (epli) si può riferire in senso generico a qualsiasi tipo di frutto tondeggiante, non necessariamente alle mele.

Il mito delle mele di Iðunn ha numerosi corrispettivi in altre mitologie, dove si trovano spesso frutti dai poteri miracolosi, sorvegliati da guardiani, o oggetto di contesa. Dalla leggenda irlandese dei figli di Tuirenn, che rubarono le mele del giardino di Hisberna, a quella greca del giardino delle Esperidi.


Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

Hœnir



Nella mitologia germanica\norrena, Hoenir era uno degli Æsir. Insieme a Mímir, fu ceduto come ostaggio ai Vanir per ottenere la pace. I Vanir fecero di Hoenir uno dei loro membri, ma egli si dimostrò troppo incedico e lasciò a Mímir tutte le decisioni, limintadosi a piccole risposte poco chiare in assenza del compagno. A ciò è legata l'Ynglinga saga.




Nella Völuspá, alla creazione dei primi esseri umani, Askr ed Embla, Hoenir e Lóðurr aiutano Óðinn. Hoenir dona agli uomini di legno lo spirito vitale e il respiro. Nel Gylfaginning, sono invece menzionati Víli e Vé. E' possibile che Hoenir fosse un altro nome per Víli. Anche Hoenir ha un ruolo minore nell'Haustöng e nel Reginsmál. Hoenir è una delle divinità destina a sopravvivere al Ragnarøkkr.


Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

domenica 22 gennaio 2012

Gerðr


“Gymir hét maðr, en kona hans Aurboða. Ho var bergrisa ættar. Dóttir þiera er Gerðr. Er allra kvinna var fegrst.”

“Un uomo si chiamava Gymir e sua moglie Aurboða, ella era della stirpe dei giganti delle montagne, Loro figlia era Gerðr, la più bella di tutte le fanciulle.”

- Snorri Sturluson, Edda in prosa, Gylfaginning 37

Gerðr è una figura della mitologia germanica\norrena. Figlia di Gymir e Aurboða, appartiene inizialmente alla genia dei giganti, finché unendosi con Freyr (Skírnir si recò da lei a nome di Freyr), non è accolta nella stirpe dei Vanir, diventando così una divinità. Da Freyr ha un figlio di nome Fjölnir.


Il matrimonio di Gerðr
Nello Skínismál è narrata la storia del suo matrimonio con Freyr.

Freyr si era innamorato di Gerðr, tanto bella che il suo splendore si riverberava per il cielo e per le acque. Chiamò quindi il suo servitore Skírnir e lo inviò da Gerðr, perché la convincesse al matrimonio. La missione di Skírnir era sconosciuta agli dei, perché Freyr temeva che non avrebbero approvato l’unione. Skírnir chiese il destriero di Freyr per raggiungere l’abitazione di Gerðr e non solo, volle, come ricompensa, la spada del dio, che gli fu concessa. Un errore da parte di Freyr, perché in seguito non solo avrebbe dovuto affrontare disarmato il gigante Beli, ma si ritroverà indifeso quando verrà il Ragnarøkkr, la fine e la rinascita del mondo.

Per penetrare nell’abitazione di Gerðr, Skírnir dovette superare un bastione di fuoco che la proteggeva. Giunto di fronte alla gigantessa inizialmente tentò di convincerla con le buone, prima le offrì undici mele d’oro (forse le mele di Iðunn) e quindi il potete anello Draupnir, che Óðinn aveva posto sulla pira del figlio Baldr. Ma Gerðr rifiutò entrambe le proposte. Allora Skírnir si affidò alla magia, brandendo una bacchetta magica, predicendole ogni sorta d’orrenda sventura  e tracciando quindi sulla bacchetta tre potenti rune. A questo punto Gerðr si arrese, e acconsentì a sposare Freyr. L’unione tra i due, su richiesta della sposa, si svolse in un bosco silenzioso chiamato Barri.

Il nome di Gerðr può essere legato al termine garðr, che significa “recinto”, ciò che ne fa forse una divinità dei campi coltivati e della terra. La sua unione con Freyr dunque può essere interpretata come un mito di carattere agricolo, in cui i campi stretti nella morsa dell’Inverno vengono risvegliati dai raggi del Sole (incarnati da Skírnir, il cui nome significa “splendente”). Il nome del bosco Barri deriva infatti dal termine barr, orzo.

L’unione di Gerðr con Freyr ha un suo corrispettivo in quella della gigantessa Skaði con il dio della fecondità Njörðr. In entrambi i casi si può pensare ad un modo di simboleggiare la stretta unione tra le due forze della morte e della rigenerazione.

Gerðr può dunque essere vista come una divinità del suolo, in ciò vicina a Nerthus, ma altri particolari la avvicinano invece alle Valkyrjur: la sua dimora è circondata dalle fiamme, mentre il nome della madre, Aurboða, può essere letto anche come “Örboða”, che significa “colei che offre la freccia”, tipico nome da valkyrja.

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

Höðr


Höðr (talvolta anglicizzato in Hodur e Hod), nella mitologia norrena\germanica, è il fratello cieco di Baldr. Ingannato da Loki finisce per colpire Baldr stesso con una freccia di vischio causandone la morte.

Il dio Höðr, il cui nome significa guerra, si trova in disparte mentre gli dei giocano con Baldr scagliandogli contro degli oggetti per provare la sua invulnerabilità. Il dio Loki, dopo aver scoperto il punto debole di Baldr suggerì al di lui fratello di partecipare al gioco scagliando una freccia di vischio. La freccia trafisse Baldr uccidendolo.
L’Edda in prosa, sottolinea la frustrazione degli dei al non potersi vendicare, in quanto all’interno del santuario:

“En engi mátti hefna,                                                “Ma nessuno potè reclamare vendetta,
þar var svá mikill griðastaðr.”                                 poiché quel posto era un grande santuario.”

- Snorri Sturluson, Edda in prosa


Ma Váli, fratello di Baldr e Höðr avrà comunque occasione di uccidere quest’ultimo per vendicare il fratello morto. Höðr termina dunque i suoi giorni in Helheimr, dal quale comunque è destinato a ritornare dopo il Ragnarøkrr insieme al fratello Baldr, come dio del nuovo mondo rigenerato.

Höðr è descritto molto brevemente nell’Edda in prosa di Snorri Sturluson, e la ragione ci viene spiegata nell’Edda stessa:

“Höðr heitir einn ássinn, hann er blindr. Œrit er hann styrkr, en vilja mundu goðin at þenna ás þyrfti eigi at nefna, þvíat hans handaverk munu lengi vera höfð at minnum með goðum ok mönnum”

“Uno degli Æsir è chiamato Höðr ed è cieco. E’ abbastanza forte, ma gli dei desiderano che in nessuna occasione si nomini questo dio, perché dell’opera delle sua mani a lungo sarà tenuta memoria fra gli uomini e gli dei.”

- Snorri Sturluson, Edda in prosa

In una versione teutonica del mito, Höðr uccide Baldr con la spada di Miming.

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it

sabato 21 gennaio 2012

Hel


Nella mitologia norrena\germanica, Hel (o Hella) è la dea padrona di Helheimr, figlia di Loki, dio dell’inganno, e di Angrboða, una gigantessa.

Suoi fratelli sono Fenrir e Jörmungandr. Si narra che quando venne al mondo la malattia colpì per la prima volta l’umanità e che le stessa portò nel mondo dei vivi il dolore e la disperazione.

Dunque, quando Óðinn venne a conoscenza che Loki aveva avuto tre figli, li bandì nei più remoti angoli del creato, perché facessero il meno danno possibile. Nonostante il regno che Óðinn le diede fosse gelido e orribile, Hel ne fu contenta e gli diede, come ringraziamento, una coppia di corvi Huginn e Munnin. Óðinn le diede potestà su tutti coloro che il Valhöll non avesse accolto e dunque divenne regina dei morti senza onore, per malattia, incidente o vecchiaia, dei traditori e dei criminali.
Fu grazie a questo che riuscì ad ottenere uno sposo di sangue reale, il re svedese Dyggve, morto di morte naturale.

Il regno di Helheimr è omonimo alla dea. Si tratta di un luogo gelido al quale si accede attraverso la grande caverna Gnipahellir custodita dal feroce cane Garmr. Superata la caverna, i defunti attraversano il fume Gjöll sopra un ponte d’oro custodito dalla gigantessa Moðguðr. Reggia di Hel è il palazzo Éljúðnir nel quale vengono accolte le anime. In un luogo separato, detto Nástrandir, le anime degli assassini e dei traditori vengono torturate allo scopo di costruire la nave Naglfar, fatta di unghie, sulla quale i morti torneranno per combattere nel giorno del Ragnarøkkr.

Hel ha due servitori:  Ganglati (pigro) e Ganglöt (sciatta).

Hel esce raramente su Miðgarðr, ma quando lo fa porta sventura e malattia: passa per le strade e nei villaggi e la gente si ammala all’improvviso. Se spazza la strada con un rastrello vi saranno sopravvissuti, se invece ha la scopa moriranno tutti.


Hel viene descritta come una donna in qualche modo duplice, con metà viso nero cadaverico e l’altra metà normale. Questo potrebbe rispecchiare l’iter della sua figura nella mitologia. Nei tempi più antichi, infatti, Hel fu la grande madre dea terra, che sfama gli affamati e dà loro ristoro, ma successivamente divenne molto simile ad un Plutone femminile e il suo regno divenne paragonabile all’Ade greco. Alcuni tratti della dea hanno suggerito a diversi studiosi di metterla in relazione con le caratteristiche di Parvati-Kalì o di Persefone o, ancora, di Ecate.

Va inoltre notato che l’iter del pantheon norreno mostra i chiari segni di una passata predominanza femminile, comune a moltissimi culti in tutto il mondo, che cede il passo al dominio della figura maschile. La figura femminile divenne figlia dell’inganno, portatrice di caos, di inarrestabile furia distruttice e sede di una legge terribile e incomprensibile al comune senso umano. La figura maschile viene a rappresentare il razionale, la legge comprensibile, il valore in battaglia.

Fonti: Edda poetica, Edda in prosa, www.bifrost.it